Oggi ci troviamo a Padova per andare a conoscere meglio una ragazza talentuosa, giovane e molto promettente dell’omonima squadra veneta.
Se rimane ancora difficile scoprire di chi stiamo parlando, vi sveliamo ancora qualche indizio:
Di chi parliamo?
Di Alice Gallinaro, centravanti classe 2000 del Padova femminile la cui passione per il calcio è nata in maniera del tutto casuale.
“Da piccolina con mia mamma andavo sempre a vedere le partite di mio fratello. Un giorno è successo che all'interno della squadra di mio fratello (che allora era il Padova Academy) mancasse un bambino e quindi l'allenatore di mio fratello quel giorno mi ha “costretta” a giocare. Da lì non ho più smesso talmente mi sono divertita e sentita libera”.
Una ragazza determinata in campo e anche nella vita che fa della laurea in economia il suo obiettivo principale per costruirsi un futuro dopo tanti anni di sacrifici tra studio e calcio.
Un doppio percorso che è stato possibile portare avanti grazie al sostegno di una persona speciale:
“Se penso ai sacrifici che ho fatto mi viene sicuramente in mente l'immagine di mia mamma, in quanto fin da quando ero piccolina è stata il mio unico punto di riferimento.
Ad oggi se sto studiando e giocando a calcio lo devo a lei, in quanto al primo posto ci siamo stati sempre io mio fratello e mia sorella”.
Alice è una ragazza davvero generosa, capace di fare gruppo e tutto ciò lo dimostra rendendo grazie anche al sacrificio di tutte le compagne, soprattutto quelle che si trovano molto distanti dal campo d’allenamento, che più volte alla settimana trovano il modo, tempo, risorse per portare avanti questa passione.
Quanto alle soddisfazioni più importanti vissute finora con il calcio, risponde così:
“Senza dubbio la vittoria del campionato primavera con il Padova, esordio in prima squadra e uno stage con la nazionale nel 2015/2016, oltre che alle varie rappresentative”.
Cara Alice, siamo sicuri siano solo le prime di tante altre belle pagine che scriverai con il pallone tra i piedi!
A cura di Valeria Locuratolo
Oggi varchiamo il confine per andare in una delle realtà più floride e strutturate a livello di calcio femminile.
Più precisamente, andiamo a San Marino per conoscere meglio una ragazza molto giovane e altrettanto promettente.
Qualche indizio?
Di chi parliamo?
Di Elena Prinzivalli, terzino classe 2003 della San Marino Academy che fa della sua passione per il calcio un’espressione continua sia sul terreno di gioco sia sui libri di scuola. Elena infatti è una studentessa che frequenta il liceo scientifico sportivo portando avanti quella passione trasmessale in principio dallo zio con il quale giocava insieme ogni volta che l’andava a trovare a casa.
“Giocavamo insieme uno contro uno e mi divertivo tantissimo. Da lì ho iniziato a giocare a calcio anche con i miei amici alla scuola materna e poi alle elementari, fino a quando a nove anni sono andata a giocare per la prima volta in una squadra maschile”.
Un percorso naturale, talmente voluto da non riuscire mai a ricondurre la sua passione al termine “sacrificio” da intendersi come sottrazione al suo tempo libero.
Afferma infatti: “Qualsiasi rinuncia che uno sportivo decide di fare per inseguire il proprio sogno, almeno per me, non è vissuta come una cosa negativa, ma come un segno per dimostrare a se stessi che continua a non esserci niente di più importante della nostra passione”.
E’ grazie a questa determinazione che Elena ha potuto vivere importanti soddisfazioni come quella dell’esordio nella massima serie:
“La più grande emozione che mi ha dato il calcio finora è stata la mia prima convocazione in serie A la scorsa stagione. Mi sono emozionata molto di fronte alla maglia con dietro il mio cognome e sulla spalla il logo della serie A”.
Cara Elena, ti auguriamo di custodire quell’emozione nella certezza che il meglio per te deve ancora venire!
A cura di Valeria Locuratolo
La sua storia è già un libro.
Perchè essere Nadia Nadim è molto più che essere una calciatrice.
Significa essere un esempio di emancipazione femminile con la responsabilità di essere anche rappresentante Unesco nel mondo.
Ma chi è Nadia Nadim?
Nadia, ad oggi, è la miglior calciatrice della nazionale di calcio danese, gioca nella squadra americana del Racing Lousville ma è nata in Afghanistan, paese dal quale è dovuta fuggire ad appena 11 anni, poco dopo che suo padre, un generale dell’esercito locale, venisse giustiziato dai talebani.
Un’infanzia difficile caratterizzata da una fuga altrettanto difficile che l’ha vista passare per il Pakistan, per l’ Italia, per l’Inghilterra e infine giungere in Danimarca, nazione di cui ha preso la cittadinanza e dove ha iniziato la sua carriera calcistica.
Il suo palmares conta per lei più di 200 goal e in carriera, tanti trofei nonché la soddisfazione di aver vestito maglie di club prestigiosi come il Manchester City e il Paris Saint Germain, prima dell’attuale approdo oltreoceano con la maglia del Racing Lousville.
Un riscatto importante quello di Nadia, arrivato sia in campo ma anche nella vita.
Infatti, grazie a tale voglia di mettersi sempre in gioco e di essere una cittadina del mondo, Nadia può vantare la conoscenza di ben 11 lingue (danese, inglese, spagnolo, francese, tedesco, persiano, dari, urdu, hindi, arabo e latino), di essere ambasciatrice Onu nonché un modello per tante ragazze.
“Una ragazza pakistana mi ha confessato che la mia storia l’ha aiutata a continuare con il calcio, contro gli stereotipi. Voleva scappare, ma non ha mollato. Per me è molto importante sapere di essere un modello per tante ragazze in difficoltà”.
Ma non finisce qui la grandezza di questa ragazza. Perchè, mentre continuava a giocare a calcio, Nadia ha completato anche i suoi studi realizzando il sogno di diventare specialista in chirurgia ricostruttiva e aiutare a dare un’esistenza nuova a chi ha avuto meno fortuna di lei.
"Sono convinta che l'istruzione può migliorare l'avvenire delle ragazze e delle donne, la loro indipendenza economica, la loro autostima e può consentire di far valere i propri diritti”.
Complimenti davvero Nadia. Modello mondiale di forza e determinazione!
A cura di Valeria Locuratolo
Dopo aver vinto il triplete con il suo Barcellona ed essere stata nominata pallone d’oro e miglior giocatrice nel 2021, Alexia Putellas ha ricevuto un altro importantissimo riconoscimento.
Questa volta, non direttamente dal campo ma dalla prestigiosa rivista Forbes.
La 28enne catalana, è stata infatti inserita nella lista delle “30 under 30” ovvero tra le 30 persone più influenti in Spagna con meno di 30 anni.
Un riconoscimento che viene dato a “leader o professionisti brillanti e influenti nei diversi settori produttivi” definiti “brillanti” per il chiaro successo che stanno riscuotendo grazie ad alcune delle aziende che loro stessi hanno fondato o dirigono.
Ma c’è di più.
Perché un’altra delle caratteristiche che deve avere un nominato Forbes è quello di “generare un vero impatto sociale” oltre che essere “un riferimento per le generazioni che verranno”.
Ecco dunque che, al fianco di alcuni dei volti più noti dei social network (come influencer o youtuber), atleti e cantanti, non poteva mancare il nome del capitano della Spagna e del Barcellona Femminile Alexia Putellas.
La calciatrice è diventata la prima donna spagnola un Pallone d’oro (2021) oltre che la miglior calciatrice dell’anno, avendo vinto Campionato, Coppa e Champions con il Barcellona.
Enhorabuena Alexia!
A cura di Valeria Locuratolo
Oggi andiamo in Veneto, e più precisamente a Portogruaro, per conoscere meglio una calciatrice simbolo dell’omonima squadra.
Qualche indizio?
Di chi parliamo?
Ovviamente di Albulena Gashi, centrocampista nonchè bandiera storica del Portogruaro. E lo diciamo senza remore, visto che la storia calcistica di Albulena è strettamente legata alla nascita del club.
Infatti, dopo i primi calci al pallone tirati con suo papà e con suo fratello nel parco di Portogruaro e una carriera portata avanti a giocare con i maschietti fino ai 14 anni, Albulena si è trovata davanti ad un bivio: scegliere di andare a giocare in una squadra femminile fuori casa o….affidarsi al grande istinto e lungimiranza di papà Sasha!
Cosa è successo lo racconta con orgoglio proprio lei:
“A Portogruaro e dintorni non vi erano squadre femminili, per continuare a giocare sarei dovuta andare all’Hellas Verona. Significava andare lontano da casa e mia mamma era assolutamente contraria a questa possibilità.
Così, mio papà (che è l’attuale direttore sportivo), insieme al presidente Furlanis dal 2014 hanno creato il Portogruaro calcio femminile realizzando così il mio sogno”.
Un episodio che, per chi conosce il mondo del calcio femminile, porta alla mente le vicende similari di tante ragazze nonché l’impegno immenso e smisurato di tanti genitori che, pur di rendere vivo il sogno di una figlia, trovano il coraggio di mettersi loro stessi in gioco (e a cui va il nostro grazie!).
Anche perché le soddisfazioni che sono arrivate poi negli anni sono state molte e sono arrivate sia dall’Albulena calciatrice, numero 10 e leader tecnica della squadra, sia dall’Albulena quale impiegata amministrativa in una tipografia veneta, dove è da tutti apprezzata.
“Amo i miei colleghi, mi hanno aiutato molto a crescere. Sono i miei sostenitori, mi seguono e si interessano molto”.
Una ragazza con la voglia di migliorarsi e che rivede nel suo ruolo molti aspetti del suo carattere
“Il trequartista è un ruolo creativo, di impostazione, di libertà. E io sono cosi… Mi piace fantasticare ma sto imparando ad essere più determinata nella vita tanto quanto in campo”.
Complimenti Albu, continua così!
A cura di Valeria Locuratolo
Si è battuto qualsiasi record.
Si è andati ogni più rosea aspettativa.
Ma d’altronde si stava giocando il primo Clasico fra il Barcellona campione d’Europa in carica e il Real Madrid valido per il ritorno dei quarti di finale della Women’s Champions League.
Una partita finita 5-2 per le blaugrana che in tal modo hanno guadagnato l’accesso alle semifinali di Champions ma che è risultata soprattutto una vittoria per tutto il calcio femminile.
La gara del 30 marzo, infatti, ha sancito il record mondiale di spettatori per una gara di calcio femminile con ben 91.553 presenze superando i 90.185 spettatori presenti in occasione della Coppa del Mondo fra USA e Cina del 1999.
Superato anche il record di presenze in uno stadio europeo, che risaliva alla finale dell’Olimpiade a Wembley fra USA e Giappone nel 2012 (80203 spettatori), e quella fra club, ovvero la gara di campionato del 2019 al Wanda Metropolitano fra Atletico Madrid e Barcellona che fece registrare 60739 spettatori.
Un evento pazzesco, dunque, quello andato in scena al Camp Nou che è stato curato minimi dettagli dal club catalano nei sia nella comunicazione sia nella realizzazione di una coreografia bellissima sotto il claim “more than empowerment”.
Frase che riprende il famoso motto della società "Mes que un club" che accompagna la squadra maschile ad ogni partita al Camp Nou e che supporta la crescita del calcio femminile e di tutto il movimento.
Un movimento che da oggi è più forte, più riconosciuto e che è solo all’inizio di un percorso pronto a regalare ancora tantissime emozioni.
Adelante chicas!
A cura di Valeria Locuratolo
Passo leggero, pallone in mano e bandiera dell’Ucraina avvolta sulle spalle.
E’ in questo modo che Kateryna Monzul, domenica 20 marzo, si è presentata in campo per dirigere Inter - Sampdoria di Serie A femminile.
Cosa c’è di speciale?
Sarebbe bello, bellissimo se fosse la normalità.
Ma, se oggi ci troviamo a ringraziare il calcio per essere ancora una volta l’espressione dell’universalità di valori anche tra culture diverse, è perchè la storia ci ha messo nuovamente davanti a situazioni assurde.
Di speciale, dunque, c’è che Kateryna è una delle migliori arbitro del mondo e soprattutto che è nativa di Karkhiv, città ucraina bombardata e devastata dall’esercito russo durante la feroce guerra in atto.
Anche lei come migliaia di connazionali, si è trovata costretta a dover fuggire dall’Ucraina e ad attraversare giorno e notte, senza sosta e senza troppa lucidità, moltissimi Paesi.
«Ucraina, Moldavia, Romania, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania, ma non mi sono mai sentita sola. Non me lo aspettavo, tutti volevano aiutarmi. Quando scappi da una situazione così non riesci a ragionare normalmente, la grande famiglia degli arbitri mi è stata vicina, in tantissimi mi hanno scritto e sostenuto durante il viaggio fin qui»
Un viaggio disperato dove ha dovuto lasciare affetti, territori e anche la sua passione più grande : l’arbitraggio. Ma, come anticipato, il calcio sa regalare sempre nuove possibilità e momenti di solidarietà estrema. Ecco dunque che, grazie alla cooperazione delle varie istituzioni sportive arbitrali, è stato possibile regalare nuova linfa e nuove sensazioni di normalità ad una donna, prima ancora che grande professionista, coraggiosa e stimata.
Kateryna ha infatti nel suo palmares l’aver diretto gare maschili di Europa e Conference League, la finale di Champions e dei mondiali femminili e il derby di Kiev tra Shakhtar e Dinamo Kiev che chissà quando si potrà rigiocare.
Di sicuro c’è che il calcio non smette di meravigliare e che quando vuole sa regalare emozioni uniche. Le parole di Kateryna lo testimoniano:
"E' stato come tornare alla vita normale dopo quello che ho visto e provato nelle ultime settimane. Per un po' non dico di aver dimenticato, ma mi sento fortunata ad avere avuto queste attenzione"
A cura di Valeria Locuratolo
La sua è davvero una storia bellissima.
Qualche indizio?
•Ha vinto 1 Scudetto e 1 Supercoppa con la Torres
•40 giorni dopo il parto è tornata ad allenarsi
•100 giorni dopo è tornata titolare in campo
Ma andiamo con ordine.
Il 2020 è stato un anno che ha cambiato per sempre le nostre vite e le nostre abitudini.
Nel caso della nostra protagonista, però, è stato anche l’anno che ha dato vita ad un sogno, coraggio alle paure, fiducia al futuro.
Un futuro che ha già il nome di Eva e che come “presente” (in termini di tempo e di dono) ha quello di Alice Pignagnoli, portiere del Cesena, e di suo marito Luca.
Ebbene si oggi vogliamo raccontarvi la storia di questa mamma - calciatrice che con coraggio e determinazione riesce ad essere una numero 1 tra i pali, in famiglia, nel lavoro.
“Essere una mamma calciatrice in Italia è molto difficile. Già lo è essere una donna calciatrice, immaginate una mamma: devi vivere 3 vite contemporaneamente”.
Un’esperienza, quella della maternità, che seppur bellissima per il significato profondo che porta con sé, ancora risulta complicata da tutelare e comprendere per gli addetti ai lavori ma che, come nel caso di Alice, è stata supportata dal calore e dalla vicinanza di figure preziose come quella della Team Manager Manuela Vincenzi oltre che di tutta la sua famiglia.
Perchè incastrare sempre tutto non è semplice e perché, come come dice la stessa Alice, ora le sue priorità sono cambiate:
“Di sacrifici per il calcio ne ho fatti tanti ma ora quello più grande è separarmi, anche per diversi giorni, da mia figlia e dalla mia famiglia. Mi sono persa diversi momenti di Eva, fin da quando era molto piccola, perchè ho scelto di rientrare subito in campo. Questo mi ha tolto molto, ma spero in questo modo di averle lasciato un insegnamento più alto”.
D’altro canto però...
“La soddisfazione più grande è stata il rientro in campo a 100 giorni dal parto, quando tutti mi davano per spacciata. Ho dimostrato, assieme alle mie compagne e allo staff, che addirittura puoi tornare più forte di prima, che la gravidanza non toglie, ma dà.”
A cura di Valeria Locuratolo
Le storie più belle si sa sono quelle che vengono dalla strada.
Oggi prendiamo letteralmente in parola tale termine per raccontarvi una bellissima iniziativa da parte di Adidas che, proprio dall’attenzione allo spazio quotidiano che ci circonda, ha promosso e realizzato un’idea assolutamente convincente di empowermentfemminile attraverso un’azione di marketing.
Cosa ha fatto il brand tedesco?
Partendo dal dato che a Londra il 21% delle statue rappresentano figure maschili, l’8% quelle animali e sono il 4% quelle femminili, Adidas ha deciso di rispondere a tale trend installando per il centro di Londra 8 statue di gradi atlete donne in posizioni tipiche del loro sport.
Le protagoniste di questa iniziativa, maturata in occasione della presentazione della nuova linea di reggiseni sportivi del brand tedesco, sono state:
Vivianne Miedema (calciatrice dell’Arsenal e della nazionale olandese) riconosciuta come una delle migliori calciatrici del Regno Unito e famosa anche per il suo impegno alla causa femminile fuori dal campo. Non a caso la targa posta in suo onore, vicino alla statua, recita: “Determinata a creare pari opportunità per la prossima generazione con organizzazioni che aiutano a creare cambiamenti, come Common Goal, è un esempio di come una calciatrice può aiutare a migliorare la società”.
Eniola Aluka, ex calciatrice inglese con presenze anche nella Juventus Women; Francesca Brown, fondatrice di Goals4Girls; Emily Scarratt, rugbista; Asma Elbadawi, cestista poetessa e attivista; la ballerina e coreografa Sherrie Silver e la ballerina e modella Ellie Goldstein. Infine, Tanya Compas, giovane attivista del movimento LGBTQ+.
Le statue, realizzate interamente con plastica di scarto di allevamento marino riciclato tramite una tecnica di stampa 3D, saranno momentanee ma siamo sicuri lasceranno traccia nella mente e nel cuore dei londinesi e non solo.
A cura di Valeria Locuratolo
Qualche indizio per la protagonista di oggi?
1) Indossa il n.14 come il suo omonimo “Ciro” Mertens
2) Ha vissuto e giocato in 3 città bellissime come Milano, Verona e Napoli
3) Il prossimo 21 aprile farà 21 anni
Ma più che i numeri, che sicuramente potenzierà con goal, esperienze e nuovi traguardi, con lei è bello esprimersi con le immagini perchè hanno il potere di rimanere indelebili nel cuore.
Perché sì, è vero, ci sono delle cose, come per es. la moda, le mimose, i gelati che sono tipicamente stagionali...arrivano, ci fanno compagnia per un pò e poi chissà...se ci piacciono ancora se ne riparla l’anno dopo altrimenti le abbandoniamo per portare avanti altre curiosità.
Ma la storia di oggi ci smentisce e ci insegna che, alle volte, se c’è un feeling forte e ci si sente felici, alcune scelte non si abbandonano. Magari si possono sciogliere si, ma sotto il sole della passione.
Questo è quello che è successo a Sofia Colombo, centrocampista del Napoli Femminile, che ha scoperto e scommesso sulla sua passione in un modo assolutamente curioso...
“La passione per il calcio è nata quando da piccolina sono entrata in una gelateria. Ho letto su un cartello Scuola calcio Villa d’Adda ( mia prima squadra) e subito ho detto a mio papà “io palla io palla”. Da lì ho provato e non ho più lasciato il calcio.”
Un’immagine bellissima di una ragazza evidentemente predestinata al calcio.
Infatti, nonostante la giovanissima età, Sofia ha già esperienze importanti alle spalle che l’hanno formata come calciatrice e come ragazza.
Ha, infatti, già esordito in serie A giocando tra le file di Inter, Hellas Verona e Napoli, oltre ad essere uno dei punti di riferimento della Nazionale Under 23.
Il tutto non senza superare momenti difficili e tanti sacrifici.
“Ho rotto il crociato a soli 15 anni ed è stato un crocevia tra vivere il calcio come un gioco o come un vero e proprio lavoro. Nonostante le difficoltà, è stata la svolta...mi ha portato a capire l’importanza che questo sport aveva nella mia vita”.
Quanto alle sfide personali più importanti afferma:
“Sicuramente il fatto di vivere lontano dalla propria famiglia, di vivere da sola, di affrontare le difficoltà in modo diverso ma questo è anche il bello del calcio”.
Una passione forte, quella di Sofia, che non smette di approfondire neanche fuori dal terreno di gioco.
“Studio scienze dell’alimentazione perché a me appassiona al 100% il mondo dello sport e tutto quello che ci gira attorno. Di conseguenza il benessere della persona, l’alimentazione e lo star bene. Riesco a conciliare lo studio con allenamenti e partite anche se, non nego, che alle volte è difficile ma se ci si organizza bene si riesce a fare tutto”.
E lo si fa in una città bella e passionale come Napoli, ricca di sorprese, di storia, di scaramanzie (come lei stessa afferma) è sicuramente tutto più bello, caldo e colorato.
Continua cosi Sofia. Il futuro è tuo.
A cura di Valeria Locuratolo
A distanza di una settimana dalla “Giornata internazionale della Donna” vogliamo raccontarvi una storia di evoluzione che attraverso lo sport, ed in particolare il calcio, prende in maniera decisa una nuova posizione e direzione…
Il pease è l’Arabia Saudita e le protagoniste di questa storia sono le calciatrici della neonata Nazionale che lo scorso 20 febbraiohanno disputato la loro prima partita ufficiale battendo in amichevole le Seychelles per 2-0.
Oltre all’emozione nel vedere giovani donne finalmente libere di poter esprimere il loro talento in un contesto internazionale, tanta era la curiosità anche sull’abbigliamento che avrebbero indossatole calciatrici arabe; per l’occasione è stato quello della tradizionale maglietta verde con calzoncini bianchi ma senza il velo e i pantaloni lunghi come avveniva in patria.
Un piccolo grande passo se si pensa che, fino al 2018, alle donne non era permesso neanche di entrare in uno stadio da calcio per assistere alle partite e che, solo dallo scorso novembre, è stato isituito il Saudi Women’s Football League, ovvero il primissimo campionato di calcio femminile.
Ma la notizia forse più positiva è che questi momenti storici, sembrano essere solo l’inizio di un percorso più lungo e più ampio promosso dal principe Mohammed ben Salman che prevedono allentamenti nelle restrizioni attuali per le donne non senza il chiaro obiettivo di migliorare, attraverso lo sport, l’immagine internazionale del Paese.
A conferma che l’obiettivo inclusivo inizia a riscuotere successo, anche il plauso di Pelè, che in occasione dell’esordio della Nazionale Saudita ha commentato così: “Questo è un giorno storico non solo per voi ma per chiunque ami il calcio".
E se lo dice lui, c’è davvero da crederci.
A cura di Valeria Locuratolo
Oggi vi portiamo in Toscana, terra di antiche città tra opere d’arte uniche al mondo ma anche piccoli borghi dove il tempo sembra essersi fermato con le sue dolci colline.
Qualche indizio sulla nostra protagonista?
Di chi parliamo?
Di Alice Valgimigli, portiere dell’Arezzo, ma fiorentina doc in tutto e per tutto.
E lo si capisce non soltanto quando afferma che “babbo” e mamma sono felicissimi per la sua carriera, ma anche quando ripensa al suo esordio in serie A avvenuto proprio con il Firenze.
Un legame davvero importante quello di Alice con la sua città natale che è letteralmente sbocciato durante la finale scudetto Primavera quando, parando il rigore decisivo contro il Torino, si è resa protagonista di una storica vittoria per la società viola.
A condividere con lei questa passione, c’è sempre stata sua sorella gemella Ginevra, con la quale per tanti anni ha fatto impazzire allenatori e arbitri data l’evidente somiglianza.
Ma chi è letteralmente impazzito per lei sono i suoi alunni, divenuti suoi primi fan tanto che il lunedi la prima domanda è sempre “maestra avete vinto?” oppure “maestra ho visto la tua partita in tv”.
A riguardo afferma: “Mi ricordo quando gli dissi che giocavo a calcio, i loro occhi parlavano da soli, e gli occhi dei bambini sono veri: era un po’ come avessero visto il loro idolo, è stato bellissimo. Molto spesso mi regalano disegni di me che gioco a calcio e per me è sempre un’emozione”.
Una responsabilità grande quella di Alice, come quella del ruolo delicato che occupa in campo.
“È stata una scelta coraggiosa, maledetta tante volte ma che rifarei.
Penso che il ruolo del portiere ti formi anche come persona.
Sei da solo e in tante occasioni tutto dipende da te, come nella vita“.
Ad maiora, Alice.
A cura di Valeria Locuratolo
Preparate le cinture ma anche i passaporti perché oggi incontriamo “una cittadina del mondo” che ci fa guardare con entusiasmo (e forse con un po' di nostalgia) alle infinite possibilità che un mondo di pace può regalare.
Qualche indizio?
-ha esordito nella nostra serie A con la maglia dell’Empoli.
-ha vissuto e giocato in Danimarca, America, Italia e Svezia.
-il suo primo idolo è suo papà, il secondo è Messi (anche se guarda spesso i video di Ronaldo)
Di chi parliamo?
Di Silvia Leonessi, attaccante di origine italo-danese, attualmente in forza alla Pro Sesto dopo varie esperienze in Italia ma soprattutto all’estero.
Silvia, infatti, nonostante la giovane età, ha letteralmente girato il mondo portando sempre avanti la sua passione per il calcio e per gli studi.
“In Danimarca ho frequentato la scuola media in un’Academy di calcio dove mi divertivo tantissimo a giocare con i maschietti. Al liceo, invece, ho fatto parte del “Team Danmark” un progetto che mi permetteva di studiare ed allenarmi nonostante abitassi a 60 km di distanza”.
Una passione forte quella di Silvia che, grazie ad una scholarship vinta, è arrivata fino negli USA, paese che l’ha vista crescere e addirittura laurearsi in fisioterapia.
Ma come sempre i sogni sono fatti anche di importanti rinunce. E Silvia ne sa qualcosa:
“Quando sono andata in America è stata un po’ una pazzia – non avevo soldi, non conoscevo nessuno e non ero mai stata fuori casa. Poi ci sono rimasta per 4 anni! Il sacrificio più grosso che ho dovuto fare è stato quello di lasciare la famiglia e di non poter vederla per lunghi periodi di tempo. Ho dovuto rinunciare anche a tante occasioni sociali come feste, compleanni, vacanze etc.. che, per una ragazza della mia età, sono parte della quotidianità di una persona. Ma il mio sogno era più forte di tutto questo”.
Un esempio assolutamente positivo per tante ragazze attratte dal fare un’esperienza all’estero alle quali si rivolge generosamente nel dire che:
“Vivere diverse culture e conoscere diverse realtà è importante e anche molto salutare a livello mentale. Si impara tantissimo della vita in generale ma anche di se stessi. Tanti hanno un pò paura di andare a vivere all'estero, più che altro perché significa uscire dalla propria zona di comfort, ma secondo me è proprio quello che ti fa crescere come persona. Il mio consiglio è di partire. Se si ha la possibilità di andare all'estero ci si deve buttare. La cosa bella è che puoi sempre tornare a casa!”
Come membri della casa del campionato di calcio italiano siamo felici di averti con noi Silvia!
A cura di Valeria Locuratolo
La Superstoria di oggi va oltre il singolo episodio o la singola calciatrice.
Il racconto di oggi è il racconto di tutte quelle ragazze, diventate donne, che nella loro vita hanno lottato e lottano ogni giorno per avere gli stessi diritti.
E lo fanno in ogni ambito: da quello politico a quello economico, da quello socio-culturale a quello sportivo.
L’8 marzo, “Giornata Internazionale dei diritti della donna”, è la nostra giornata; è l’alba nella quale è doveroso ricordare e onorare tutti quei movimenti femministi che nel corso della storia hanno manifestato per un concetto che, tuttora, non possiamo permetterci di considerare acquisito: l’uguaglianza dei diritti tra uomini e donne.
Fonti ONU invitano a operare affinché nel mondo si possa raggiungere una effettiva parità di genere entro il 2030.
Ma senza guardare troppo in là, ebbene ricordare OGGI come la storia ci insegni che è sempre necessario tenere alto il focus perché la parola “impossibile” (nel bene o nel male) non esiste.
Proteggiamo i nostri diritti, proteggiamo l’8 marzo …ogni giorno.
A cura di Valeria Locuratolo